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L’INTERVISTA

Il neuroscienziato Luigi Gessa: «Ho provato
la cannabis. Fa danni, ma l’alcol è peggio»

L’esperto: «Pericolosa solo per gli adolescenti, ma dà meno dipendenza del vino»

L’INTERVISTA

Il neuroscienziato Luigi Gessa: «Ho provato
la cannabis. Fa danni, ma l’alcol è peggio»

L’esperto: «Pericolosa solo per gli adolescenti, ma dà meno dipendenza del vino»

«Sulla cannabis gli scienziati si dividono in falchi e colombe. I primi sono contrari, le seconde favorevoli. Io non sono un volatile, non ho pregiudizi. Posso elencarne gli effetti positivi e negativi. Di certo, in una classifica di pericolosità collegata alla reale tossicità, la cannabis non la metterei in testa: prima l’alcol, poi l’eroina, la cocaina in forma di crack e la nicotina».
Gian Luigi Gessa è un neuropsicofarmacologo. Ha diretto a lungo il Dipartimento di Neuroscienze dell’Università di Cagliari trasformandolo in centro di eccellenza. Ha guidato per il Cnr diversi gruppi di ricerca sulle dipendenze. Interviene nel dibattito di questi giorni sulla liberalizzazione delle droghe leggere, su cui ieri si è espresso anche il ministro della Salute Beatrice Lorenzin dicendosi «assolutamente contraria».

Lei qualche anno fa, in un’intervista sull’Unione Sarda , ammise di aver provato la cocaina, per concludere che era meglio studiarla che prenderla. E la cannabis?
«Ovviamente l’ho sperimentata. Se si prova da adulto, le conseguenze non sono preoccupanti. A certe condizioni».

Quali?
«Molte. Anzitutto è necessario che abbia un alto contenuto di cannabidiolo, una sostanza cugina stretta del principio attivo che attenua quello che fa male».

Come si può essere sicuri che la cannabis sia «buona»?
«Non si può, non con quello che c’è in circolazione, senza regole».

Effetti negativi?
«Il primo e più grave è finire in prigione. Poi la capacità della sostanza di dare dipendenza. Ancora, un’influenza negativa sulla coordinazione motoria: se dopo guidi o vuoi fare sport, potresti avere degli incidenti. E ci sono ripercussioni sull’apprendimento e sulla memoria: durano una o due ore dal momento dell’assunzione».

E quali sarebbero i positivi?
«Il più gradito è l’euforia, un’allegria indistinguibile che nelle persone fortunate si genera naturalmente. Poi ci sono quegli effetti che ne rendono apprezzabile l’uso terapeutico, sempre a patto che ci sia il cannabidiolo: aumenta l’appetito, riduce la nausea, funziona da analgesico per i dolori neuropatici e per la cefalea, è efficace anche per il glaucoma. Artisti e musicisti gradiscono la percezione alterata dei suoni e dei colori».

Non è pericoloso?
«Sì, lo è in quelle persone che non dovrebbero provare la cannabis».

Chi sono?
«Gli adolescenti e i preadolescenti, perché in questa età il cervello si sta ancora formando. Oltre agli effetti detti prima: presentarsi a un’interrogazione sotto amnesia non va bene».

Chi altro non dovrebbe?
«Le persone vulnerabili, con disturbi psichiatrici o psicologici gravi, ansiosi, depressi, schizofrenici non manifesti».

Cosa risponderebbe a un adulto che le chiede se può «farsi una canna»?
«Se non rientra nelle categorie appena dette, non lo dissuaderei più che dal bere tre bicchieri di vino a cena: l’effetto è lo stesso e il rischio dipendenza minore».

Vista la sua esperienza, e dunque la sua capacità eventualmente di dosarne l’uso, perché non fuma cannabis?
«Perché non sento l’esigenza di provare un’euforia artificiale. Tutte le droghe, producono i loro effetti nel cervello sostituendosi fraudolentemente ai neurotrasmettitori. Il principio attivo della cannabis agisce sostituendosi all’anandamide. Ecco, io credo di averne pure troppa».

(modifica il 15 gennaio 2014)
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Elvira Serra
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