Bologna

Il marito è morto quattro anni fa, "sì all'impianto di embrioni in una 50enne"

Erano stati congelati 19 anni fa. Il via libera del Tribunale civile di Bologna: "Non sono stati abbandonati, in linea con la legge 40". La protagonista: "Spinta da una grande speranza"

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Da 19 anni quegli embrioni congelati aspettavano di essere impiantati nel corpo della donna. Oggi arriva il via libera del Tribunale civile di Bologna, anche se nel frattempo il marito della signora è morto. E' successo nel 2011. Dopo il decesso dell'uomo la donna, oggi 50enne, ha cercato di avere una gravidanza con gli embrioni crioconservati, ma in primo grado il suo ricorso era stato rigettato. Ora, dopo il ricorso della signora, è arrivato il via libera del Tribunale bolognese che impone al policlinico Sant'Orsola di procedere, provvedendo immediatamente all'impianto degli embrioni prodotti nel 1996, prima delle legge 40 sulla fecondazione assistita.

Per i giudici, che per giudicare il caso specifico si rifanno alle linee guida indicate nella legge 40/2004 sulle situazioni già esistenti, "in caso di embrioni crioconservati, ma non abbandonati, la donna ha sempre il diritto di ottenere il trasferimento". E per questo va accolto il ricorso della donna.

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La coppia, che si sposò nel 1998, nel 1996 si era rivolta al centro di fecondazione assistita dell'ospedale. Quell'anno fece un intervento, ma l'impianto non riuscì: otto embrioni non impiantati furono congelati, con il consenso dei due. In seguito, anche per una malattia dell'uomo, la coppia non ci riprovò, ma gli embrioni sono rimasti crioconservati e ogni anno, fino al 2010, i due hanno confermato la volontà di mantenere gli embrioni. Dopo la morte del marito, lei si è rivolta ancora al centro di procreazione medicalmente assistita chiedendo l'impianto. Nonostante il nulla osta del comitato di bioetica dell' università, la direzione ha negato la possibilità, però, per un'interpretazione della legge 40 secondo cui doveva sussistere la permanenza in vita di entrambi. E quindi il ricorso presentato dalla donna.
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In conclusione i giudici scrivono che, vista l'età della donna, l'aleatorietà dei risultati della fecondazione assistita e le maggiori difficoltà proporzionate al progredire dell'età, è necessario provvedere in via d'urgenza, non potendo la 50enne "attendere il normale esito di un procedimento civile ordinario, stante la sua lunga durata".

La donna: "Spinta da una grande speranza". "Ho intrapreso questa azione per continuare un percorso iniziato con il mio amato marito, spinta da una grande speranza che riversavo nella maternità, che vedevo come la continuazione dell'amore tra me e mio marito", spiega, tramite il suo avvocato Boris Vitiello, la protagonista della vicenda. "Non mi aspettavo questa decisione, perché in prima istanza avevamo perso", prosegue la donna. Ora "con gioia ed emozione ho appreso questa notizia. Tuttavia sono consapevole che non è facile a 50 anni procedere con una gravidanza e quindi valuterò coi medici cosa fare".

Vaticano. "Bambino senza padre".
Il caso di impianto di embrioni post mortem "è un paradosso, un'aporia. Per l'ennesima volta si presentano situazioni paradossali dovute alla tecnologia che nella sua applicazione causa situazioni difficilissime da risolvere" e "le norme non sono chiare". Lo dichiara all'Ansa mons. Renzo Pegoraro, Cancelliere della Pontificia Accademia per la Vita. "Dispiace arrivare a queste situazioni: quale è - si chiede - il bene maggiore? Dare una speranza di vita? Quale tutela per il bambino senza padre?".